Lezione di Responsabilità

Laura Grignoli

Avrei trattato il tema della responsabilità con l’ottica in cui più mi identifico, quella sartriana, esistenzialista. Essendo l'uomo condannato ad esser libero, sostiene, infatti, Sartre, egli porta sulle sue spalle il peso del mondo intero, l'uomo è responsabile del mondo e di se stesso quanto al modo di essere. Usa qui il termine "responsabilità" nel suo significato corrente di "coscienza (d')esser l'autore incontestabile di un evento o d'un oggetto". In questo senso la responsabilità del per-sé è opprimente; egli è infatti colui per cui accade che "ci sia" un mondo. Condivido questo pensiero perchè non riesco a disgiungere il concetto di responsabilità da quello di libertà di scelta. Checché se ne dica, possono capitarmi tante cose, nonostante me, ma il ‘modo’ in cui le affronto dipende solo, unicamente da me.“Io anzi sono sempre responsabile anche di certe situazioni o dati di fatto indipendenti dalla mia volontà; ne sono responsabile come se li avessi scelti, in virtú dell'atteggiamento che assumo di fronte ad essi.”(Sartre)

Il poeta Pierre Réverdy ‘Non c’è amore ,ma prove d’amore’, ebbe a dire. Parafrasando potremmo dire ‘Non c’è responsabilità, ma prove di responsabilità’. Ecco perchè ho pensato di lavorare sul campo, ovvero di vedere ‘come’ i bambini acquisiscono il senso di responsabilità , che idea si fanno di questa parola tanto inflazionata quanto temibile. Approfittando del Laboratorio di Giocosofia1, in cui giocando si fa filosofia, ho orientato il discorso affinché sorgesse la domanda : Cosa è la responsabilità? Di cosa ci sentiamo responsabili? Come si diventa responsabili? Quali ‘prove’ di responsabilità ognuno ha da raccontare?

1Giocosofia è il nome dato ad un Progetto di educazione al pensiero con la riflessione metacognitiva, che l’Autrice realizza in alcune scuole primarie da alcuni anni, sebbene con vari intitolazioni. ‘Fabbrica dei pensieri’ è stato pubblicato dalla Samizdat nel 2001 col titolo ‘Perché i gatti non dicono bugie’.

Riporto alcuni frammenti di vari laboratori , con bambini dai 9 ai 10 anni, alla fine di una terza elementare. Il tema non li ha affatto spaventati, anzi…hanno saputo generalizzare e trovare chi intorno a loro avrebbe dovuto porsi bene tale problema!

Marta:-La responsabilità è come una lampada che la mamma ti dà da custodire. Marta lo dice d’emblée, in modo assertivo.

Conduttrice:- Cosa vuoi dire? Cosa custodisci?

M. (ridendo imbarazzata dalla mia ignoranza!):-Che conservi i consigli che la mamma ti dà…dentro di te…come se fossero cose preziose. E al momento giusto li applichi.

C:- Perché hai scelto la lampada per dire che è una cosa preziosa da custodire?

M:- Perché la lampada si può accendere e spegnere…così come i consigli si possono seguire o dimenticare. Devi stare attento a tenere accesa la lampada…

C:- Sai che hai appena usato una metafora?

M:- Sì, ce l’ha spiegate la maestra di italiano - replica con soddisfazione, guardandosi intorno a raccogliere ammirazione.

C:- E voi? Sapete dirmi altre metafore? O magari quello che pensate della responsabilità…

Roberto:- E’ pensare a fare le cose senza che nessuno te lo dica.

Ci pensa un po’, poi aggiunge:- E’ una cosa che poi tu paghi le conseguenze. Se fai una cosa buona paghi le conseguenze buone, se la fai cattiva, paghi le conseguenze cattive…

Diana è molto presa dal discorso,freme:- Per me la responsabilità è una cosa che ‘devi’ fare, ma uno non te lo deve stare sempre a dire. Quando tu fai i compiti e te lo ricordi da solo vuol dire che ti sei preso una responsabilità. Se non te lo ricordi o non li fai, sei un irresponsabile.

C:- Ahi, ahi, non sei un po’ severa a pensare che una persona solo perché una volta dimentica di fare una cosa ha già il titolo di irresponsabile?

Coro:- Noo! Ma se uno se lo dimentica sempre…se uno ci marcia…se uno prima dice una cosa poi ne fa un’altra…

Qui la confusione è totale, tutti si accavallano con una rigidità e spietatezza da far paura. Eppure in mezzo a loro ce ne sono tanti di difettosi di senso di responsabilità…

Davide:- Per me un’azione di responsabilità è come abbiamo fatto ora: abbiamo predisposto le sedie in cerchio senza che nessuno ce lo dicesse.

C:- E’ facile essere responsabili nel fare un’azione che ci piace!

- Se una cosa non ti piace, la fai per dovere! - commenta Diana

Stefano:- Devi essere responsabile delle opinioni… non solo delle azioni.

C:- Vuoi dire che rispondiamo anche di quello che pensiamo?

Gianluca:- Io sono di un’altra religione. Ho la responsabilità di ciò in cui credo e di quello che professo.

Diana:- Ma anche se sei di un’altra religione, non credi in un Dio diverso…la maestra di Religione ha detto che lo chiamiamo con nomi diversi ma Dio è sempre lo stesso. Comunque ognuno si prende la responsabilità della propria religione…- dice con aria rassegnata.

Il discorso sta per scivolare su un altro versante, per cui tento di riportare al tema.

C:- Come se la prende la responsabilità?

Coro di voci:- Andando a praticare i riti che la sua religione vuole insieme ai suoi compagni di religione.

Jacopo:- C’è un’abilità…forse della testa…

-… A essere responsabili delle azioni che uno sceglie di fare.- aggiunge la solita Marta

Roberto:- Respons…abile (calca l’accento sulla a) è chi è abile a fare cose buone.

C:- Buone?

R:- Uhm…a comportarsi bene.

Valerio:- La mia mamma mi dice qualcosa, io devo saper fare quello che mi chiede.

Notando la distrazione di un bambino, all’apparenza poco coinvolto nel discorso, lo chiamo in causa.

C:- Pierluigi, cos’è per te la responsabilità?

Stefano:- Si deve scervellare…lui non lo è mai!

Risata generale per la battuta che, tutt’altro che fuori luogo, dalle affermazioni generiche e comunque teoriche ci porta su un piano più esperienziale e pragmatico.

Pierluigi, sebbene un po’ esitante per il giudizio appena espresso dal compagno, va al sodo:- Io sono il portiere della mia squadra, mi dicono tutti che sono responsabile nel parare il pallone e non far segnare l’avversario.

C:- E come ti senti con questa responsabilità?

Pierluigi:- Ho paura…se segnano quelli dell’altra squadra…i miei compagni mi menano…mi prendono in giro…

La sua quotazione sale di qualche punto. I compagni non si aspettavano minimamente che lui avesse seguito il discorso e soprattutto che avesse tanta chiarezza nel definire il concetto. A dire il vero neanche io. Soprattutto mi meraviglia che lui sposta l’attenzione su un aspetto della responsabilità che va dal rispondere alle richieste dell’autorità esterna alla responsabilità come tutela narcisistica. Sì, è vero quello che i compagni pensano di lui: è apatico di fronte ai doveri scolastici (o magari non ce la fa, penso io), però ha interiorizzato il concetto di responsabilità come impegno di coerenza col ruolo, pena la disapprovazione e la sofferenza . ‘Se io ho scelto di fare questo, devo farlo al meglio di me, se no chi sono?’ Mi pare che voglia dire.

Dopo questo intervento, tutti sono più spigliati e iniziano a parlare attraverso la loro esperienza quotidiana, ammettendo lì dove sono più responsabili e dove meno.

Marta:- Io quando gioco col fratellino, devo stare attenta a non farlo cadere. Lo vorrei uccidere certe volte, ma ho la responsabilità verso di lui, perché sono più grande.

Stefano:- Io ho un coniglio nano. Mica me lo deve ricordare sempre la mamma che devo dargli da mangiare!

Pierpaolo:- Se tu giochi alla play station, la mamma ti chiama. Tu non devi dire sempre ‘aspe’ ,aspè’. Devi correre.

C:- Allora per te la responsabilità è essere obbedienti?

Michela:- Lui non è irresponsabile, è solo un po’ maleducato. Può capitare che a scuola nessuno ci deve dire come comportarci.

C:- Vuoi dire che essere autonomi è anche un modo di essere responsabili?

Diana:- Pierpaolo ha fatto un esempio di obbedienza, Micky di autonomia! Fa notare con orgoglio per la sua intuizione di quanti aspetti possono rientrare nel concetto di responsabilità.

Enrico:- Per esempio, se la mamma ti lascia il fratellino a cui badare, tu ti devi prender cura di lui…

Stefano:- Anche la maestra si deve prendere la responsabilità dei suoi alunni, deve stare attenta che non si facciano male, che non scappino…

Marta, la saggia:- Che impariaaaamo!!!

Gianluca:- Un pilota ha la responsabilità dei passeggeri, deve dire le regole di bordo, far allacciare le cinture…

Stefano, ricollegandosi con l’intervento di Pierpaolo:- Secondo me Pierpaolo deve essere responsabile non solo a spegnere la play station quando la mamma lo chiama ma dovrebbe usarla il meno possibile se è responsabile della sua salute.

Sara:- Tutte le persone dovrebbero essere responsabili di ciò che fanno, stando attente a non fare del male agli altri.

C:- Che ne dite se facciamo una specie di graduatoria delle responsabilità che voi avete?

C’è una sorta di eccitazione in rialzo, tutti vorrebbero dire la propria. Sono vere responsabilità da bambino, idee che sottendono l’idea che hanno della vita. Chi ce l’ha da dipendente, chi da libero e chi da mediano. Chi pensa che si deve eseguire, chi che bisogna scegliere e pagare le conseguenze delle scelte. In quest’ultimo aspetto mi ritrovo, perché essi mettono l’accento sullo scegliere più che sulla bontà del comportamento, così come emerge da quest’altro stralcio.

Marta:- La mia più grande responsabilità è studiare, perché se no da grande faccio la spazzina!

Stefano:- Sì, anche per me la scuola è importante, ma posso scegliere anche altri mestieri strani, io voglio una vita più aperta.

Roberto:- Per me la responsabilità più grande è quella di stare attento a non ammazzare mio cugino, lui mi istiga così tanto che… devo veramente controllarmi molto.

Diana:- E’ importante scegliere una scuola che ti piace, così un domani fai un lavoro divertente. Magari , poi, non trovi lavoro, ma hai la soddisfazione di aver scelto la cosa che ti piaceva.

Rifletto sul fatto che solo per noi occidentali il termine responsabilità si correla a una funzione regolatrice dei rapporti sociali più o meno coinvolta nella strutturazione dell’esistenza dei singoli individui (coscienza). In oriente si sarebbe connotato con tale termine non tanto un fattore regolatore positivo quanto uno strumento capace di elevare l’essere umano ad uno più stretto rapporto con l’assoluto, con la trascendenza, con Dio.

Quello che vien fuori dal pensiero filosofico in nucedei bambini mi pare l’aspetto che getta le fondamenta di quanto il filosofo spagnolo Manuel Cruz dice a proposito della responsabilità. Egli pensa che la responsabilità è strettamente concatenata alla decisione. Quando io decido di fare una cosa anziché un’altra, compio una scelta, facendomi carico delle conseguenze. Sebbene la responsabilità non ha nulla a che fare con i contenuti di quella scelta o di quella decisione. La responsabilità è nel fatto di saper fare una scelta; ciononostante non ci si può nascondere dietro il dito della responsabilità per nascondere il contenuto della responsabilità. Sarebbe un’attitudine a dir poco di tipo conservatore. Come hanno ben capito i bambini del Laboratorio filosofico, la cornice del concetto di responsabilità è costituita dalla concatenazione tra responsabilità, decisione e capacità di tollerare le conseguenze, previste o no, di tale decisione. Ma essi hanno rintracciato altre radici di pensiero: nei tanti esempi di responsabilità ‘nei confronti di…’, essi hanno affondato il dito in più di una corrente di pensiero, per esempio, in riferimento a coloro che nella filosofia del novecento esplicano il termine responsabilità come ‘rispondere’, rendere conto di, quindi con carattere di imputabilità di aristoteliana memoria. Hanno, anche, sfiorato Bonhoeffer col concetto di

responsabilità nel prendersi cura di… Bonhoeffer, si ricorda, è quello che vede nel Cristo che si carica della colpa di tutta l’umanità il massimo della responsabilità!

E che dire di Hans Jonas? I bambini hanno toccato un aspetto ontologico quando asseriscono, seppure nei termini loro consentiti, che la responsabilità è il ‘dovere di chi ha il potere’ di agire per il bene di ciò o di chi dipende da lui. Paradigma di atteggiamento responsabile così inteso è la responsabilità parentale: i genitori (ma anche la maestra) hanno il dovere di fare tutto ciò che è nelle loro possibilità per il bene dei propri figli (o alunni), assicurando loro un’infanzia felice, una buona educazione…Potremmo continuare col linguaggio di Jonas anche per quanto riguarda i politici, ma tale argomento dai bambini non è stato sfiorato. Sfioreranno, invece, un tema naturalmente scaturito dalle questioni sulla responsabilità: quello sulla libertà.

-Se è responsabile chi sa scegliere, farsi carico delle conseguenze di ciò che sceglie, quando io scelgo di non fare i compiti, di saper tollerare una nota…Beh, sono libero di scegliere di essere responsabile?

Mattia lo dice scherzando, ma ha appena suggerito quale sarà il tema del prossimo laboratorio.

“Cosa voglio dirti ponendo il precetto “fa’ quello che vuoi” come postulato fondamentale di questa etica che stiamo mettendo insieme a tentoni? Semplicemente non è altro che un modo di dirti di prendere sul serio il problema della tua libertà, e che nessuno può esonerarti dalla responsabilità creativa di scegliere la tua strada. Non chiederti in modo troppo morboso se vale la pena di fare tutto questo casino per la libertà; che tu lo voglia o no sei libero, che tu lo voglia o no devi volere. Anche se dici che non vuoi saper nulla di questi argomenti tanto seccanti e mi chiedi di lasciarti in pace, starai volendo... volendo non saper nulla, volendo che ti lascino in pace anche a costo di rimbecillirti un po’ o tanto. “Così è l’amore”, amico mio, come dice la poesia! E così è il volere. Però non confondiamo questo “fa’ quello che vuoi” con i capricci. Una cosa è che tu faccia “quello che vuoi”, un’altra, ben diversa, che tu faccia “la prima cosa che ti viene in mente”. … Se ti dico di fare quello che vuoi, ti conviene innanzitutto pensare con attenzione e a fondo che cosa vuoi”

(Non ricordo chi un giorno me lo disse)

 

Bibliografia

  • Cruz M. (2005), Farsi carico. A proposito di responsabilità e di identità personale. Milano: Meltemi.
  • Gadamer H.G. (2002), La responsabilità del pensare. Saggi ermeneutici. In Dottori R. (a cura di), Temi metafisici e problemi del pensiero antico. Studi e testi. Milano: Vita e Pensiero.
  • Jonas H. (2002), Il principio di responsabilità. Un'etica per la civiltà tecnologica, Torino: Einaudi.
  • Monaldi M. (2000),Tecnica, vita, responsabilità. Qualche riflessione su Hans Jonas. Napoli: Guida.
  • Reverdy P. (1948), Le livre de mon bord, Parigi :Gallimard.
  • Sartre J.P.(1943), L’être et le néant. Trad. it.L’essere e il nulla, Milano: Il Saggiatore 2002.
  • Savater F.(2004),Il coraggio di scegliere. Bari: Editori Laterza.