Le pubblicazioni di Barbara Cipolla

Lavorando con bambini e preadolescenti in arte terapia

Relazione convegno 3 luglio 2010 – Arles (Francia)

Vi racconto una storia (dedicata al bambino che è in voi):

…. C’era una volta un Paese, grande, grande, grande, senza confini, senza mura di cinta, dove le case non avevano tetti perché non pioveva mai, non faceva freddo e non aveva mai nevicato. Le persone che abitavano in questo Paese usavano le case senza tetto per conservare le scarpe e il cibo necessario a vivere, ma non le usavano per dormirci o mangiarci; ogni giorno, essendoci tanto tanto spazio per tutti, esploravano posti nuovi dove riposarsi e riunirsi per mangiare insieme. La cosa più importante che un abitante di questa terra aveva erano le sue scarpe, l’unica cosa veramente utile durante il giorno per permettersi di esplorare tanto spazio e di notte per preservare i piedi da attacchi di insetti velenosi. L’unico animale di cui avevano veramente paura era quello! tutte le altre belve terrestri e acquatiche giravano tranquille senza darsi fastidio e godendo della terra e dei suoi frutti, che sembravano non finire mai…

A função artista do analista

“A percepção do mundo externo é, por si, um ato criativo, um ato de imaginação (…). Com efeito, sem a imaginação não conseguiríamos ver aquilo que está lá para ser visto.”

(Marion Milner 1957)

Introdução

Nossas reflexões derivam do trabalho de confrontação levado adiante por um grupo de psicoterapeutas com formações distintas e contextos de trabalho heterogêneos. As situações clínicas concretizam-se em necessidades e "linguagens" diferentes e específicas, que nos levam a nos interrogar constantemente sobre como assumir e manter uma postura mental analítica e sobre como construir a possibilidade de um encontro que seja experiência transformadora para os dois participantes.

A organização mental e a criatividade do analista são solicitadas com mais afinco, sobretudo diante de um “não dito” que procura ser “falado”: momentos, fases ou tipologias de relação em que o paciente serve-se prevalentemente de sinais incoativos, indefinidos e implícitos, que buscam uma forma, em que se anima uma parte ainda não nascida do pensamento que, às vezes, consegue até se fazer imagem, gesto, som ou palavra, e outras não. É através de uma maior atenção à própria vertical, às vezes alertada por sensações provenientes do corpo, outras vezes por emoções que, em alguns casos, podem ser perturbadoras, em função de sua difícil colocação no aqui e agora vivido no encontro, que o analista pode elaborar criativamente suas proposições (Ferrari, 1983) e disponibilizar ao analisando meios expressivos compatíveis com quanto vai coletando em forma preliminar e não saturada.

L’utilizzo di animali nei laboratori di arte terapia con bambini

Convegno L’animale nella psiche - Chieti, 6 ottobre 2013

Abstract

Nella psicoterapia con i bambini, e in particolare in arteterapia, le immagini degli animali sono un mezzo fondamentale per indagare lo stato mentale dei piccoli pazienti e per catalizzare dinamiche intrapsichiche molto primitive. Nei laboratori di arteterapia, che conduciamo da molti anni con bambini in età scolare, utilizziamo l’evocazione di animali reali e/o immaginari che, attraverso il disegno, la pittura, la creazione di sculture in argilla, l’invenzione di storie, la drammatizzazione, parlano delle relazioni di questi bambini con gli altri e con il proprio mondo interno. Essi possono identificare parti di sé in un animale ed agire attraverso la costruzione di un carattere che li rappresenti, o anche lavorare sul dialogo tra un aspetto più primitivo che aggredisce -o viene aggredito- e una istanza più matura di persona che sa costruirsi una tana che lo protegga; possono interpretare un animale antropomorfo in una storia che sia una traduzione, non consapevole, in immagini visibili, dalla forte carica emotiva, della propria autobiografia o meglio delle proprie immagini intime (simile a quello che con gli adulti è la creazione della metafora). Nel laboratorio di arteterapia non portiamo immagini di animali imposte dall’alto o preconfezionate ma cerchiamo di dare vita ad un mondo fantastico che utilizzi creativamente i materiali forniti dalla realtà. Attraverso l’identificazione con i personaggi/animali che il bambino in quella fase della sua vita sente più vicino a sé, al suo mondo interiore, è possibile trovare un significato e costruire un altro pezzo della propria identità, affiancati dal testimone-arteterapeuta. Attraverso la presentazione di stralci di casi clinici e foto mostreremo come il corpo del bambino racconti la sua storia attraverso la scelta di un animale e il terapeuta, successivamente, possa aprire un dialogo tra l’Io e le sue immagini.

Adolescenti e smartphone in un laboratorio di arteterapia

Abstract

Nel presente articolo si riferisce di una esperienza di psicoterapia di gruppo con adolescenti in un contesto particolare che è quello di un laboratorio di arteterapia, per raccontare le nuove frontiere del setting con l’adolescente e di come si possano creativamente inserire elementi quali l’uso del cosiddetto “smartphone” in una relazione terapeutica esattamente come è possibile utilizzare il disegno o il modellaggio della creta come protosimboli in una comunicazione che voglia aspirare a divenire trasformativa.

La funzione “artista” dell’analista

“La percezione del mondo esterno è in se stessa un atto creativo, un atto di immaginazione (…). Senza l’immaginazione  infatti non riusciremmo a vedere ciò che è là per essere visto”

(Marion Milner)

Abstract

Diamo per acquisito, seguendo l’ipotesi di Armando Ferrari (1983), che la relazione analitica sia uno spazio condiviso in cui i protagonisti della relazione scelgono di incontrarsi, nel qui ed ora, per offrire all’analizzando occasioni di pensabilità di sé e della propria esperienza. E che ciò possa avvenire solo per il tramite di un incontro in cui ciascun interlocutore co-costruisce un’esperienza di sé, in un movimento bidirezionale: verso di sé e verso l’altro.

In questo poster si vuole esaminare un aspetto del lavoro analitico che rischia di sfuggire ad una dimensione riflessiva che ne riconosca la valenza e processualità trasformativa: i processi creativi dal vertice dell’analista. Vorremmo evidenziarne la forza e nel contempo la specificità, che pensiamo originino da una sorta di “sapere sensoriale” messo a disposizione dalla corporeità (verticale dell’analista), fonte primaria del pensiero, la quale può divenire strumento conoscitivo e/o “intermediario” nell’incontro analista-analizzando.

Oltre la parola in psicoterapia

(convegno GEST-AZIONI IL CORPO IN ARTETERAPIA Pescara, 27 aprile 2019)

Quando si comincia a scrivere, succede che si parta da alcune affermazioni e se ne rimanga prigionieri; una certa tendenza alla coerenza e alla sincerità ci obbligano a non contraddirci. Qui sta il dramma di ogni riflessione strutturata - ci ricorda il filosofo Cioran (2004) -: che non permette la contraddizione. Un pensiero frammentario riflette tutti gli aspetti dell’esperienza, un pensiero sistematico ne riflette uno solo, e risulta perciò impoverito.

Proverò a raccontarvi della mia esperienza clinica e a entrare nel discorso attraverso la parola, anche se le mie riflessioni vagano “a cavallo” tra la parola detta e quella evocata, tra l’immagine interna e quella esterna. Non cercherò la coerenza ma piuttosto una apertura verso nuove domande che rispecchino la complessità dell’essere umano.

Chi, come me, pratica la psicoterapia ad orientamento psicoanalitico, tende a dare rilievo al testo “latente” del paziente, nascosto in un messaggio manifesto.

L'arteterapia al tempo del covid

ABSTRACT

L’articolo vuole proporre un vertice di osservazione su una rimodulazione di una attività clinica basata sul corpo durante il periodo della pandemia e del lockdown in cui non era possibile vedere pazienti in presenza, soprattutto in gruppo. Le frequentazioni umane vanno sempre più modificandosi, non solo a causa del Covid; i pazienti sempre più spesso chiedono contatti tramite messaggi su watsapp, tramite i social, vogliono avere una fluidità nella relazione che prima non era contemplata. Questo cambiamento di orizzonte impone uno studio e un approfondimento di tutte le variabili che vengono messe in gioco nella relazione terapeutica, sia on line che in presenza, per verificare come i nuovi settings possono apportare facilitazioni o ostacoli alla psicoterapia, anche quando le competenze digitali dei pazienti superano quelle dello psicoterapeuta. Si propongono quindi delle esperienze di arteterapia on line in gruppo utilizzando Zoom e Skipe come canale di contatto.

Creatività e Femminilità nell'opera di Marion Milner

Relazione tenuta al Convegno "Chi dice donna dice… evoluzione nel tempo", Pescara 21 giugno 2019

Marion Milner è stata una psicoanalista inglese, scrittrice e pittrice non professionista che visse per quasi tutto il XX secolo. Ha affrontato il tema della creatività psichica, parallela a quella pittorica, esprimendo una inesauribile energia di vivere, lavorare, scrivere e dipingere.

Diversamente dai libri di Winnicott, suo amico e contemporaneo, l’opera di Milner è poco conosciuta e diffusa. All’età di 17 anni Milner lasciò la scuola e ottenne un ruolo da insegnante di lettura ad un bambino. Quest’esperienza fu molto importante per lei per capire come gli individui scoprono la capacità di concentrarsi. Successivamente si laureò in psicologia e fisiologia a Londra e lavorò appena laureata come testista nella psicologia del lavoro. Solo due anni dopo già scriveva il suo primo libro “Una vita propria” (sotto lo pseudonimo di Joanna Field). Nel secondo libro “Un esperimento in libertà” investiga il sistema educativo femminile e i processi inconsci della sua mente. Nel 1939 scoppiò la guerra e Milner ebbe una riconferma dell’incarico scolastico. In questo periodo scrisse il suo 4° libro “Sul non essere capaci di dipingere”. Questo lavoro investiga, sulla scorta delle sue prime idee, la relazione fra la creatività e il processo psicoanalitico.